Parashat Nasò – Guardare sé stessi da fuori
Nella Parashà di Nasò, riguardo il nazir, leggiamo: “Questa è la legge del nazir: Il giorno in cui la sua condizione di nazir sarà terminata, si recherà (letteralmente yavi oto – si porterà) all’ingresso della tenda del convegno” Nel contesto della discussione sulle leggi del nazir, la Torà istruisce il nazir su cosa fare quando ha completato il suo periodo di astinenza, che comprende il non bere vino e non tagliarsi i capelli. I commentatori notano l’insolita espressione usata nella Torà nel versetto citato “egli si porterà” (yavi oto). Sarebbe sembrato più logico scrivere semplicemente “egli verrà, o si recherà”. Nessun altro lo sta portando quindi, essendo che nella Torà non c’è nessuna parola superflua, ci deve essere un’allusione a qualcos’altro.
Il Meshech Chochma spiega che il motivo per cui una persona si dichiara nazir è perché sente che i suoi desideri lo hanno sopraffatto e non ha più il controllo di se stesso, quindi teme, tra le altre cose, le conseguenze del bere troppo vino. Per riaffermare il controllo sulle sue passioni e sui suoi desideri, quindi, diventa un nazir e sceglie volontariamente di astenersi dal vino. Ma come può il nazir essere sicuro che il processo a cui si è sottoposto gli abbia permesso di raggiungere il suo scopo e di avere ripreso il controllo? Il Meshech Chochma risponde: “Quando guarda ai propri problemi come guarda alle azioni di altre persone.” Una persona che è schiavo di un desiderio non riesce a vedere se stesso in modo obiettivo e, d’altro canto, solo una persona che raggiunge certi livelli di obiettività su se stesso può essere cosciente di non essere più schiavo dei propri desideri.
Rav Frand commenta: “A cosa si può paragonare questa faccenda? Diciamo che siamo in un ristorante o a un matrimonio e vediamo una persona in questo ristorante o al buffet che accumula cibo nel piatto. Notiamo che questa persona è molto sovrappeso e diciamo a noi stessi: “Non c’è da meravigliarsi che sia sovrappeso – guarda quanto cibo prende da questo buffet. Qualcuno può guardare questa persona e riconoscere immediatamente che ha un problema alimentare o ha qualche tipo di problema di cui non ha il controllo. Ma lo guardiamo in quel modo e lo giudichiamo perché, ovviamente, è qualcun altro”. Essere un nazir è un processo in base al quale qualcuno ha bisogno di controllarsi in modo tale da poter guardare la persona (se stesso) che era prima dell’inizio del suo diventare nazir e vedere se stesso come una persona completamente diversa. Rav Frand continua dicendo che questo processo è comune a tutte le persone che sono in grado di liberarsi dalla loro dipendenza.
Ad esempio, un alcolista in recupero riconosce il suo vecchio sé quando vede qualcuno che soffre ancora della dipendenza della quale si è liberato: Nel mezzo del suo commento, il Meshech Chochma menziona una Baraita nel Trattato di Nedarim 9b in cui si parla di un Nazir. “(Rabbi) Shimon haTzaddik disse: In tutti i miei giorni come Kohen, non ho mai mangiato l’offerta per la colpa di un nazireo ritualmente impuro, tranne che in un’occasione. Una volta, un uomo in particolare che era un nazireo venne dal sud, e vidi che aveva degli occhi bellissimi ed era di bell’aspetto, e le frange dei suoi capelli erano raccolte in riccioli. Gli ho detto: Figlio mio, cosa hai visto che ti ha fatto decidere di distruggere questi tuoi bei capelli diventando un nazireo? Mi disse: Ero un pastore per mio padre nella mia città, sono andato ad attingere acqua dalla sorgente e, mentre la attingevo, ho guardato il mio riflesso nell’acqua e la mia inclinazione malvagia mi ha rapidamente sopraffatto e ha cercato di espellermi dal mondo. Mi sono detto: Malvagio! Perché ti vanti di un mondo che non è il tuo? Perché sei orgoglioso di qualcuno che alla fine sarà cibo nella tomba per i vermi, cioè il tuo corpo? Giuro sul servizio del Tempio che ti raderò per amore del Cielo. Shimon haTzaddik continua il racconto: Mi sono subito alzato e l’ho baciato sulla testa. Gli ho detto: Figlio mio, possano esserci altri che fanno voto di nazireato come te tra il popolo ebraico. Di te il versetto afferma: “Quando un uomo o una donna farà chiaramente voto, un voto di nazireato, di consacrarsi al Signore” (Bamidbar 6:2)”. C’è uno strano aspetto nel modo in cui viene raccontata questa storia – il nazir parla di sé in terza persona. Il Bei Chiya risponde, sulla base del Meshech Chochma, che la persona il cui racconto viene riportato nella Ghemara ha visto che era stata sopraffatta dalla sua inclinazione negativa ed è diventata una persona diversa. È stato in grado di vedere obiettivamente cosa stava succedendo, pertanto si riferisce a se stesso in terza persona.
Questa idea non è limitata alle persone con gravi dipendenze o al nazir, ma è molto pertinente a molti aspetti della nostra vita. In un mondo come quello di oggi, è spesso difficile riuscire ad andare oltre l’apparenza, a valutare bene se stessi e gli altri, a giudicare in positivo, e alle volte, presi dalla frenesia, crediamo che quello che facciamo sia per il miglior interesse della nostra persona o degli altri. Spesso, invece di essere in grado di valutare razionalmente la situazione, usiamo le nostre passioni e i nostri desideri che però offuscano la nostra obiettività. Per contrastare questa inclinazione, bisogna essere in grado di fare un passo indietro e cercare di vedere le cose con razionalità. Questa è una sfida che ci accompagna per tutta la vita e che, per essere superata, richiede una combinazione di apprendimento della Tora, autovalutazione e crescita. Dobbiamo imparare a parlare in terza persona. Dobbiamo imparare a comprendere dove siano le nostre debolezze e trovare le forze di volerci migliorare per noi stessi ma anche per chi ci sta intorno.