Parashat Toledot – La primogenitura etica
Esav torna a casa dai campi esausto e affamato mentre Yaakov sta cucinando una zuppa rossa. Esav chiede a Yaakov di dargli la zuppa. e Yaakov gli chiede in cambio di vendergli i suoi diritti di primogenito. Esav è d’accordo, quindi Yaakov acquisisce il diritto di primogenitura. La Torà cita le parole esatte di Esav. La parola ebraica che Esav usa per riferirsi al “cibo molto rosso” è adom, e da qui Esav viene chiamato anche Edom. Dare questo nome a Esav fornisce un promemoria permanente di questo dettaglio di quanto accaduto. Perché questo aspetto è così cruciale?
A questa domanda vengono date varie risposte. Una delle risposte più singolari è fornita dal Nachmanide che sostiene che, in realtà, non vi è alcun significato specifico per il colore della zuppa di Yaakov. La Torà vuole dare un insegnamento su Esav dimostrando che non era adatto per essere l’erede spirituale di Yitzchak perché era interessato solo al mondo materiale e per questo ha venduto la primogenitura per una scodella di zuppa. Per questo motivo, la Torà dà a Esav un nome che ricorda questo incidente. Questo commento fornisce una spiegazione per il nome dato dalla Torà alla terra abitata da Esav e dai suoi discendenti. Il nome Edom rappresenta un’idea. Esav vendendo la sua primogenitura, ha abbandonato il diritto di diventare l’erede spirituale di Yaakov, pertanto, lui e i suoi discendenti non hanno diritto alla terra d’Israele.
Ibn Ezra offre un’altra spiegazione delle motivazioni di Esav. Siccome agli occhi di Esav, Yitzchak non appariva particolarmente ricco, Esav ha concluso che il diritto di primogenitura era di scarso valore. La Parashà di Toledot ci dà però uno scorcio sulla vita dello stesso Yitzchak: “Questa è la storia di Yitzchak, figlio di Avraham…” (Bereshit 25:19), l’unico resoconto della sua vita nell’intero racconto della Torà, una vita che è stata descritta come banale ma che in realtà banale non è. La Parashà stabilisce innanzitutto il posto di Yitzchak nel lignaggio del nostro popolo ricordandoci che è il figlio e l’erede di Avraham. Ma Yitzchak non sembra essere solo l’erede di suo padre, sembra rivivere la sua vita. Yitzchak lascia la sua casa a causa della carestia, proprio come suo padre, e si dirige verso Gherar, la terra dei Filistei. Come suo padre prima di lui, è benedetto con la ricchezza materiale, irritando la gente del posto, finge che Rivkà, sua moglie, sia sua sorella, come fece suo padre anni prima, per proteggerla dal loro re, Avimelech, scava gli stessi pozzi che aveva scavato suo padre e dà loro persino gli stessi nomi: “scavò di nuovo i pozzi che erano stati scavati ai giorni di suo padre Avraham e che i Filistei avevano tappato dopo la morte di Avraham; e diede loro gli stessi nomi che aveva dato loro suo padre” (Bereshit 26:18). In sostanza, sembra aver dedicato la sua vita a ripristinare tutto ciò che suo padre aveva creato. Il Rambam sottolinea che questi episodi apparentemente banali ci insegnano la grandezza di Yitzchak Avinu.
Rav Yitzchak Hutner spiega che ciascuno dei nostri antenati rappresenta un aspetto diverso nel servizio di Hashem. Avraham ha introdotto la fede, l’emunà, la consapevolezza di Hashem, Yaacov ha fatto della sua vita, partendo dall’eredità di Avraham, una missione nel creare una nazione. Yitzchak, afferma Rav Hutner, è stato il primo discendente di Avraham e quindi incarna la “kedushà innata”. Nonostante non abbia apportato grandi cambiamenti, la grandezza di Yitzchak sta nello scegliere di superare la tentazione e vivere una vita al servizio di Hashem. Non aveva bisogno di cambiare il mondo o di iniziare un nuovo movimento religioso, la sua grandezza stava nel mantenere la rotta e nel continuare sulla strada tracciata da suo padre prima di lui. Yitzchak ha dimostrato autodisciplina e forza interiore. Inoltre, come afferma Rabbeinu Bachaye, le sue azioni sono alla base del concetto di mesorat avot, il seguire le tradizioni dei nostri padri per tutte le generazioni future. Yitzchak non era un pioniere, ma ci ha insegnato l’importanza della tradizione, di ricordare da dove veniamo e da chi veniamo e di seguire fedelmente quel percorso. Nonostante le lotte, le prove e i conflitti, Yitzchak si è aggrappato alla sua forza interiore, si è aggrappato a chi era e ha tenuto gli occhi puntati avanti, nel futuro. E, nonostante tutto quanto gli è successo, non una volta sembra affaticato o annoiato.
In questo Yitzchak rappresenta gli eroi non celebrati, gli Yitzchak del mondo, che mantengono la rotta e continuano nel cammino dei loro antenati, che mantengono la catena ininterrotta che ci lega a Moshe Rabbenu, che hanno sostenuto la nostra fede per migliaia di anni. La sua vita rappresenta il difficile equilibrio a cui tutti noi dovremmo ispirarci. Nelle nostre vite ci sono tempi migliori e tempi più difficili: La sfida a cui siamo tutti sottoposti è mantenere l’equilibrio, la barra dritta, guardare al passato, alle nostre fondamenta, ai valori rappresentati dalla Torà e dalle mitzvot e ai meriti che ne derivano. Le difficoltà che affrontiamo possono sembrare incomprensibili ma in realtà tutto ha uno scopo. Sforno spiega che man mano che una persona invecchia, ha l’opportunità di avanzare spiritualmente. Il fascino del mondo materiale svanisce. I desideri fisici, che possono aver influenzato la persona in gioventù, sono considerati una fantasia passeggera. Sta a noi sfruttare le opportunità che la vita ci offre, a volte anche sotto la forma di difficoltà, per avanzare spiritualmente e, attraverso questa crescita, migliorare noi stessi ed influenzare positivamente il prossimo, ed in questo modo migliorare la nostra società ed essere meritevoli di ricevere le berachot di Hashem