Parashat Vayikrà – Sacrificare la nostra animalità
La Parashà di Vayikra è l’inizio del terzo libro della Torà, spesso indicato come Torat Kohanim, la Torà dei sacerdoti, e spiega tutti i rituali dei sacrifici. Gran parte di questa Parashà si occupa dei sacrifici animali che possono essere offerti per tutti i diversi peccati e trasgressioni. Alcuni trovano queste Parashot sgradevoli da leggere, al punto che storicamente alcuni editori hanno voluto omettere questo libro dicendo che era “arcaico e irrilevante nel mondo di oggi”. Rav Soloveitchik fa notare che quando qualcosa solleva un’opposizione così forte, sai che si sta parlando di qualcosa di importante. Dopo un’attenta lettura, diventa chiaro quanto avesse ragione. Fin dalla prima Parashà, il libro di Vayikrà ci dà diversi insegnamenti .
Uno degli insegnamenti che si ricavano da questa Parashà è il Derech Eretz (il modo eticamente corretto di comportarsi). Il libro inizia con D-o che chiama Moshè: “Hashem prima lo chiamò e poi gli parlò”. (Vayikra 1:1) D-o bussò in senso figurato alla porta di Moshè. Il Talmud sottolinea che perfino D-o non si è intromesso nella privacy di Moshè, mostrando rispetto per lui. I Chachamim insegnano che anche la condotta di Moshè fornisce un notevole esempio di Derech Eretz. Moshè aveva già ricevuto regolarmente profezie, aveva trascorso quaranta giorni e quaranta notti in cima al monte Sinai con D-o, e fu lui a trasmettere al popolo le istruzioni riguardanti la costruzione del Mishkan. Moshè avrebbe potuto facilmente giustificare l’ingresso nel Mishkan senza un invito. Tuttavia, aspettava sempre rispettosamente fuori che D-o lo convocasse. Il verso successivo mostra una ripetizione simile. Hashem dice a Moshè “parla alla gente e diglielo” (Vayikra 1:2). A Moshè viene chiesto, esplicitamente, di condividere il messaggio che sta per ricevere. Da questo apprendiamo che se qualcuno fa una confidenza, non possiamo condividerlà a meno che non venga dato il permesso di farlo. La riservatezza è una parte importante della vera amicizia e delle reali interazioni sociali.
Per quanto concerne tutti i sacrifici descritti nella Parashà di questa settimana, sebbene questi siano stati sostituiti con la preghiera, questo argomento permette di introdurre il concetto di Vidduy – confessione di colpa. Curiosamente la forma grammaticale usata è riflessiva: “Quando uno diventerà colpevole… confesserà a se stesso” (Vayikra 5:5). Rav Hirsch spiega che D-o non ha bisogno delle nostre confessioni. Dobbiamo riconoscere con noi stessi che le nostre azioni sono sbagliate. Questo è il primo passo per fare ammenda. È troppo facile razionalizzare o giustificare le nostre azioni per alleviare il senso di colpa, ma se vogliamo veramente riparare, dobbiamo prima riconoscere a noi stessi ciò che abbiamo fatto di sbagliato. Affrontare ciò che è veramente nei nostri cuori è molto difficile, ma non possiamo diventare persone migliori se non prendiamo del tempo per l’introspezione e diamo un’occhiata alle nostre azioni.
A proposito dei sacrifici per espiare un peccatto commesso senza volere è scritto: “…è un’offerta di elevazione, un’offerta di fuoco, un profumo appagante per Hashem” (1:17) Lo Shulchan Aruch afferma che è preferibile fare una breve preghiera sincera piuttosto che pregare ampiamente senza le giuste intenzioni. L’implicazione è che se uno avesse intenti ugualmente seri sia in una breve preghiera che in una lunga preghiera, sarebbe preferibile la lunga preghiera. Il Talmud osserva che l’espressione “un profumo soddisfacente per Hashem” è riportata in relazione a tutte e tre le forme di offerte di elevazione, l’offerta di un animale, di un uccello e della farina. Il messaggio trasmesso dalla Torà, afferma il Talmud, è che la dimensione dell’offerta non ha importanza; fintanto che l’offerta viene fatta con tutto il cuore, è ugualmente soddisfacente per D-o. Ciò spinge il Taz a chiedersi come sia possibile che, a parità di intenzioni, la presentazione di un’offerta più grande non sia un atto di maggior merito. L’essenza del portare l’offerta di elevazione, l’offerta che si consuma completamente sull’Altare , è la comprensione che tutto ciò che possediamo appartiene davvero al nostro Creatore. Pertanto, a seconda dei mezzi finanziari di una persona, diversi tipi di offerte possono avere lo stesso impatto indipendentemente dal loro valore monetario.
I tre tipi di offerte riflettono le diverse capacità finanziarie di ciascun individuo. Una persona povera che porta un’offerta di uccelli ha lo stesso impatto di un individuo ricco che offre un toro. Una persona che porta un’offerta coerente con i suoi mezzi finanziari sta affermando che ciò che ha in definitiva appartiene al suo Creatore. Tuttavia, se un individuo facoltoso offre un uccello, che è ben al di sotto delle sue possibilità, il messaggio è esattamente l’opposto; costui sente che ha diritto al suo denaro. Ci viene richiesto di capire che la nostra ricchezza non è nostra da donare, piuttosto tutto appartiene ad D-o. Per quanto riguarda la preghiera, tuttavia, non esiste uno standard che determini la lunghezza appropriata per ciascun individuo. L’unico requisito è che una persona abbia l’intento corretto.
Da questi insegnamenti ricaviamo quanto la Parashà di Vayikrà vada letta in maniera diversa da una lunga serie di istruzioni sui sacrifici. Tramite le righe di questa Parashà ci vengono impartiti gli strumenti per una vita migliore e più giusta