Parashat Ki Tetzè – La potenza di ogni singolo e piccolo atto
La varietà di argomenti che compone la Parashà di Ki Tetzè è sbalorditiva e passa dal “banale” all’”insolito”, dagli standard di una società civile allo stupro, la mutilazione, il crimine, dalla guerra alla rottura coniugale, dall’alloggio all’abbigliamento, dai pesi e dalle misure ad Amalek, il tutto con una velocità mozzafiato. Troviamo la storia del figlio ribelle, un adolescente condannato a morte, e poi la mitzva quotidiana dello tzitzit. Abbiamo leggi sullo stupro insieme all’istruzione di assistere il prossimo in caso di problemi durante un viaggio. Si ha la sensazione di assaporare ogni angolo remoto della Torà. Il che naturalmente ci porta alla domanda: Qual è la base che stabilisce l’ordine in cui vengono riportati gli argomenti nella Parashà? Come si collegano tra loro tutti i dettagli? Qual è il piano generale?
Per cercare di rispondere a queste domande ci possiamo riferire all’approccio basato sul midrash di Rashi e dei suoi fondamenti teologici. Tuttavia, prima di esaminare Rashi, potrebbe essere interessante un approccio suggerito dai pensatori moderni. Rav Menachem Leibtag presenta l’intera struttura del libro di Devarim come costruita sulla struttura dei Dieci Comandamenti. Questi possono essere suddivisi in due categorie; Quelli che contengono le mitzvot che regolano il rapporto tra uomo e D-o e quelli che regolano il rapporto tra gli uomini. C’è quindi una correlazione tra il libro di Devarim e la struttura dei Dieci Comandamenti. In questo modello, la Parashà di Ki Tetzè è parallela alle leggi che regolano i rapporti tra gli uomini – omicidio, adulterio, rapina, falsa testimonianza in tribunale e invidia – le leggi sociali che formano gli ultimi cinque dei dieci comandamenti. Tuttavia, nell’analisi finale, lo stesso Rav Leibtag afferma “Non tutte le mitzvot si allineano perfettamente“. Il metodo quindi funziona, ma è un po’ traballante. Incontriamo la stessa difficoltà quando leggiamo il commento di Rav David Tzvi Hoffman che osserva che mentre la Parashà di Shofetim si occupa di istituzioni nazionali, la Parashà di Ki Tetzè si concentra sulla vita del singolo cittadino.
Rav Hoffman afferma: Non abbiamo una guida chiara per capire l’ordine corretto di queste mitzvot. Le ragioni sono fondamentalmente due: In primo luogo, la Parashà di Ki Tetzè è l’ultima Parashà nella Torà che contiene mitzvot e quindi contiene tutte le mitzvot che Moshe non aveva ancora trasmesso o scritto. Questo potrebbe spiegare la natura “disorganizzata” della Parasha. L’opportunità per Moshe di trasmettere queste mitzvot è essenziale e quindi l’ordine non è importante. Questo ci porta al suo secondo punto: Quello che accomuna le mitzvot riportate in questa Parashà è in realtà una libera associazione di idee che si concatenano. Dobbiamo quindi cercare una connessione tra un particolare dettaglio e il dettaglio successivo. A questo proposito, Rav Hoffman cita la Gemara in Yevamot 4a: “Anche secondo la visione che non prestiamo attenzione alle connessioni tra le parsahiot adiacenti, in Mishne Torah (il libro di Devarim), lo facciamo“. ” Questa è una domanda che viene posta ogni volta che Rashi non riesce a vedere come un particolare dettaglio si adatti al quadro generale. Nella nostra Parasha Rashi e Ibn Ezra, tra gli altri, si pongono questa domanda frequentemente. La risposta di Rashi a questa domanda è un approccio basato sul Midrash: “La Torà ha dato questa mitzva (Eshet Yefat To’ar, la prigioniera di bell’aspetto) per contrastare lo Yetzer Hara (l’inclinazione al male); se D-o non le avesse permesso di sposarsi in modo lecito, la donna sarebbe stata presa contro la legge. L’uomo però finirà per odiarla, come affermato in seguito “Quando un uomo ha due mogli … una che odia” e alla fine lei partorirà un figlio che sarà un figlio ribelle (ben sorer umorè). Questa è la ragione dell’ordine delle parashiot qui“. “Quando un uomo viene condannato a morte: l’ordine delle parashiot qui ci dice che se i suoi genitori hanno pietà di lui, finirà in un mondo di crimine e compirà atti che lo faranno condannare a morte“. “Quando costruisci una nuova casa: Se osservi la mitzva di mandare via la madre uccello dal nido, finirai per costruire una casa e adempirai alla mitzva di costruire una ringhiera per il tetto della tua casa, perché una mitzva ne provoca un’altra (mitzva gorreret mitzva). Arriverai quindi a una fase in cui avrai una vigna, un campo, bei vestiti; da qui l’ordinamento di queste parashiot“. Cosa ci sta insegnando Rashi?
Secondo il suo commento, i passaggi iniziali della nostra Parasha sono organizzati sotto forma di una “reazione a catena”. Se faremo una cosa cattiva, questa ne porterà a un’altra che a sua volta causerà una spirale discendente continua. Possiamo però vedere anche il contrario. Nei versetti seguenti vediamo, in contrapposizione, come una buona azione, ogni mitzva, porta a un’altra mitzva. Abbiamo quindi una serie che può andare in due direzioni. Rashi sostiene che si tratta quindi di elenchi di conseguenze, processi che sono collegati tra loro da una concatenazione di causa ed effetto. Uno dei primi posti in cui troviamo questo principio è nei Pirke Avot (4:2): “Ben Azzai disse: Affrettati a fare anche la più piccola mitzva e fuggi da ogni peccato, perché una mitzva porterà a un’altra mitzva ed un peccato porterà ad un altro peccato; poichè la ricompensa di una mitzva è una mitzva e la ricompensa di un peccato è il peccato“. Guardando questa Mishna, possiamo notare due affermazioni che sembrano dire una cosa diversa. “Una mitzva porta a un’altra mitzva, un singolo peccato peccato a un altro peccato“: la Mishna spiega perché si dovrebbe “correre” ad adempiere una mitzva facile e “fuggire” da una trasgressione leggera. Qui l’idea sembrerebbe essere che le mitzvot siano legate automaticamente l’una all’altra, come anche per il il peccato. Il processo sembra essere molto naturale. C’è però una seconda parte nella Mishna “la ricompensa di una mitzva è una mitzva e la ricompensa di un peccato è il peccato“. Qui il processo sembra più artificiale, più meccanico, un sistema di ricompense e punizioni piuttosto che di conseguenze naturali. D-o ricompensa una mitzva con un’opportunità di farne un’altra. Non è la nostra azione a causare l’azione successiva, l’atto successivo è una conseguenza del primo. L’ambiente che creiamo determinerà uno slancio che ha un effetto potenzialmente di vasta portata. Il male che sperimentiamo è una carta che ci viene distribuita da D-o che ci dà delle opportunità. Se tendiamo verso cose negative, finiremo in situazioni in cui è probabile che ci possono portare al male.
Questo sembra piuttosto spaventosa. Le nostre azioni lasciano un segno indelebile sulla nostra personalità e sull’ambiente nel quale viviamo. C’è però il rischio di assumere una posizione piuttosto deterministica sul nostro futuro e di credere che il nostro futuro sia inevitabilmente ed inesorabilmente fissato in base alle nostre azioni passate. In quest’ottica, potrebbe essere utile leggere alcuni commenti tratti dalle Hilchot Teshuva del Rambam: “Ogni individuo ha tratti buoni e cattivi; meriti e peccati… Una persona dovrebbe sempre considerarsi come se fosse metà colpevole e metà innocente. Anche il mondo intero dovrebbe essere considerato allo stesso modo metà colpevole e metà innocente, bilanciati con precisione. Un solo atto peccaminoso e quella persona, anzi il mondo intero, sarà dichiarato colpevole e condannato alla distruzione. Una sola mitzva e quell’individuo insieme al mondo intero farà pendere la bilancia verso il lato dell’innocenza, della salvezza e della sicurezza“. [3:1,4]
Sembra essere il potere di un singolo atto. Per non scoraggiarci, per non farci sentire semplicemente un prodotto delle nostre decisioni passate, per non sentire che siamo senza speranza, il Rambam ha qualcos’altro da dire: “Ognuno ha la scelta. Se un individuo desidera impostare il proprio percorso verso il bene il percorso è aperto. Se un individuo desidera impostare il proprio percorso verso il male anche quel percorso è aperto“. [5:1] Abbiamo la facoltà di scegliere. Possiamo, in qualsiasi momento, cambiare il trend, innescare il circuito positivo di adempiere ad una mitzva, atto che ci porterà la possibilità di adempiere ad altre mitzvot, migliorando, attraverso il nostro comportamento, la nostra vita e potendo influenzare positivamente il prossimo, innescando il processo per una società virtuosa e più giusta. Può essere difficile all’inizio, ma iniziare anche con cose semplici può avere risultati enormi.