Shavuot – Tra reale e potenziale
Questo Devar Torà inizia con un racconto. C’era un uomo, un imprenditore, il cui lavoro era vendere scarpe. Un giorno decise di volere espandere il suo business e mandò uno dei suoi migliori venditori in Africa. Quando il venditore arrivò in Africa notò che nessuno indossava le scarpe. Preso da sconforto, contattò il suo capo e gli riferì che non aveva senso espandere gli affari in quel continente in quanto lì nessuno sapeva cosa fossero le scarpe. L’uomo d’affari non si scoraggiò e decise di inviare un altro venditore. Quest’ultimo, arrivato in Africa e notando che nessuno portava le scarpe o sapeva cosa fossero le scarpe, contattò entusiasta il suo capo e gli chiese di inviare subito delle scarpe perché il mercato aveva un grande potenziale.
Nel libro di Bamidbar leggiamo dei Leviim che erigevano il Mishkan nel deserto e, ogni volta che il popolo di Israele si spostava, dovevano smontarlo per poi rimontarlo successivamente quando si accampavano. A Shavuot leggiamo del Matan Torà, anche questo avvenuto nel deserto, in un luogo in cui non c’è nessuno. I Chachamim si domandano come mai D-o comanda queste mitzvot e perché il dono della Torà avvenga in un luogo come questo. La risposta che ci danno è basata su un versetto che leggeremo il primo giorno di Shavuot: “In ogni posto nel quale ricorderai il Mio nome, verrò da te e ti benedirò”. Il significato è che non importa il luogo dove viene compiuta la mitzva. Sta a noi portare D-o nelle nostre vite, in un luogo pubblico come in privato. Abbiamo tutta la capacità e il potenziale per farlo e per meritare la benedizione di D-o su di noi e sulle nostre comunità.